sexta-feira, 27 de junho de 2014

I 10 anni della sonda Cassini fra gli anelli di Saturno



Compie dieci anni la straordinaria avventura della sonda Cassini fra gli anelli di Saturno, a caccia di immagini e dati unici che hanno rivelato che la superficie ghiacciata e inospitale di alcune lune, come Encelado e Titano, potrebbe nascondere oceani di acqua liquida, teoricamente capaci di sostenere la vita.

Foto NASAIl primo luglio 2004 la sonda nata dalla collaborazione fra Nasa, Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Agenzia Spaziale Italiana (Asi) entrava nell'orbita del pianeta degli anelli: un'operazione seguita in una diretta piena di colpi di scena dal Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa, a Pasadena. Lanciata il 15 ottobre 1997 da Cape Canaveral, Cassini ha viaggiato protetta da radiazioni e micrometeoriti dall'antenna italiana 'tuttofare' costruita dalla Thales Alenia Space (allora Alenia Spazio). Fino al dicembre 2004 ha portato con sè la sonda Huygens dell'Esa, che il 15 gennaio 2005 è scesa nell'atmosfera della più grande luna di Saturno, Titano, rivelando un paesaggio quasi terrestre, con laghi e fiumi di metano tra le montagne.

''Delle tante scoperte memorabili fatte da Cassini in questi dieci anni, c'è sicuramente l'aver individuato la presenza di acqua liquida dove non prevedevamo, come sotto la superficie ghiacciata di Encelado e Titano'', ha detto il coordinatore scientifico dell'Asi, Enrico Flamini. Grazie ai dati di Cassini, ha aggiunto, ''si è imparato molto sul ruolo dell'acqua nel Sistema Solare e, di conseguenza, si sono stabiliti nuovi vincoli per lo studio dei pianeti esterni al Sistema Solare e per la probabilità che questi possano ospitare o meno forme di vita''.

www.ansa.it

Astrônomos descobrem 3 gigantescos buracos negros a 4 bilhões de anos luz

EFE | SYDNEY (AUSTRÁLIA)
Um grupo internacional de astrônomos descobriu três enormes buracos negros, cujo tamanho supera em bilhões a massa do Sol, a uma distância de aproximadamente 4 bilhões de anos luz da Terra, informou o cientista Ian Heywood, um dos coordenadores do estudo.
"Os sistemas de múltiplos buracos negros supermaciços são raros", disse Heywood, astrônomo da Organização de Pesquisa da Comunidade Científica e Industrial (CSIRO), em entrevista à rede australiana "ABC".

Os pesquisadores se concentraram na distante galáxia SDSS J1502+1115, onde descobriram que dois dos três buracos negros supermaciços estavam separados apenas por uma distância de 456 anos luz, e que orbitavam entre si. EFE/Arquivo
A equipe liderada por Roger Deane, da Universidade de Cape Town, na África do Sul, descobriu o novo sistema de três buracos negros a partir de quatro observatórios internacionais interligados para operar como um poderoso telescópio.
Os pesquisadores se concentraram na distante galáxia SDSS J1502+1115, onde descobriram que dois dos três buracos negros supermaciços estavam separados apenas por uma distância de 456 anos luz, e que orbitavam entre si.
A velocidade da órbita desses dois corpos que formam uma espécie de sistema estelar binário supera em 300 vezes a velocidade do som na Terra, segundo o astrônomo.
A descoberta, que representa o sistema mais estreito que se conhece até o momento, ajudará a entender como esses corpos se fundem e influem na evolução das galáxias, afirmou Heywood.
Os sistemas de órbita estreita como o descoberto pela equipe de Dean são uma das fontes primárias das ondas gravitacionais, segundo a teoria da relatividade geral de Albert Einstein.
Além disso, os estudos sugerem que as grandes galáxias têm um buraco negro em massa no centro, embora somente se descobriram algumas poucas delas, por isso essa descoberta publicada no último número da revista "Nature" sugere que são mais comuns do que se acredita.
Heywood explicou que seria muito estranho que os três buracos negros se fundissem entre si e o mais provável é "que um dos buracos negros seja expulso do sistema para que os outros dois se assentem em uma órbita mais estável e eventualmente se unam".

www.efe.com

Scoperto un triplo buco nero




Scoperto un triplo buco nero al centro di una lontana galassia: è uno dei quattro 'mostri cosmici' di questo tipo finora noti, ma l'unico nel quale i tre buchi neri che lo costituiscono sono vicinissimi fra loro. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, si deve al gruppo di ricerca guidato dall'università sudafricana di Città del Capo e costituisce un tassello importante per ricostruire l'evoluzione delle galassie.

E' noto che tutte le galassie con una massa paragonabile o maggiore a quella della nostra Via Lattea ospitano al centro un buco nero super massiccio, con una massa di miliardi di miliardi di volte quella del Sole. Si ipotizza che questi grandi galassie siano però nate dalla fusione di due o più galassie più piccole.

Per questo gli astronomi sono da anni alla caccia di coppie, oppure di tris di buchi neri al centro delle galassie simili alla nostra. Nonostante le ricerche sono però state individuate pochissime coppie di buchi neri e il tris individuato dai ricercatori sudafricani è appena il quarto di questo tipo. 

La scoperta è stata possibile mettendo a punto una nuova tecnica di analisi dei segnali radio emessi dai gas attorno ai buchi neri e migliorarne così i dettagli. Questo metodo ha permesso di svelare la presenza molto ravvicinata di due dei tre buchi neri che con le tecniche precedenti sarebbero stati molto probabilmente 'visti' come un singolo oggetto. La nuova tecnica potrebbe quindi rivelarsi importantissima per svelare dettagli finora invisibili sui buchi neri presenti in ogni galassia e aiutare così a ricostruirne la storia.


www.ansa.it

Si 'allargano' i confini del Sole

La corona si estende per oltre 8 milioni di chilometri





I confini del Sole si allargano: la parte più esterna e irrequieta, la corona, è infatti più grande del previsto e si estende per oltre 8 milioni di chilometri. Lo indicano nuove misure, pubblicate sll' Astrophysical Journal e realizzate grazie ai dati della coppia di satelliti Stereo (Solar TErrestrial RElations Observatory) della Nasa. E' la misura finora più accurata della vasta atmosfera solare nella quale nascono le eruzioni che scagliano contro la Terra il vento di particelle capace di scatenare le tempeste magnetiche.

Per riuscire a individuare gli invisibili confini dell'atmosfera del Sole, i ricercatori sono andati a caccia del suo 'suono'. Le particelle che la compongono trasmettono infatti, in modo simile all'atmosfera terrestre, le 'vibrazioni' prodotte prodotte dalla stella e osservando le interazioni di queste particelle è stato possibile comprendere la dimensioni della corona solare. Si tratta di un'atmosfera che si estende per ben 8 milioni di chilometri, l'equivalente di 12 volte il diametro del Sole. 

Le nuove misure dei satelliti Stereo allargano di molto i confini dell'atmosfera solare disegnati dalle precedenti osservazioni e risultano molto importanti in vista delle prossime missioni per lo studio della nostra stella. Il satellite Solar Probe Plus, della Nasa, che verrà lanciato nei prossimi anni avrà l'obiettivo di studiare il Sole dalla distanza di 6 milioni di chilometri dalla superficie. I nuovi dati confermano quindi che a quella distanza, la minima mai raggiunta da un oggetto artificiale, il satellite si troverà all'interno dell'atmosfera solare e potrà quindi aiutare a comprendere meglio i fenomeni che avvengono al suo interno.

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